L’area del Parco Libero Grassi
L’area urbana di Acqua dei Corsari, sulla costa sud ai limiti della periferia della città di Palermo, prende il nome da una leggenda che racconta come alcuni corsari si siano salvati grazie a una ricca sorgente d’acqua trovata nei dintorni della frazione.
In questo tratto di costa nacquero agli inizi del XX secolo fabbriche di mattoni di cotto, caratterizzate da altissime ciminiere tuttora esistenti e testimonianza di attività industriali.
Da zona produttiva e balneare della città venne trasformata, nel giro di poco tempo, in una zona ad altissimo degrado ambientale, simbolo della mala amministrazione che caratterizzava in quegli anni la città, gli stessi anni in cui Libero aveva scelto di tornare a vivere a Palermo.
Era il 1959, i “giorni del sacco edilizio”, Palermo venne sventrata da 4.000 licenze edilizie concesse in poche ore dall’allora Assessore Vito Ciancimino nella giunta del Sindaco Salvo Lima. La zona divenne la discarica degli sfabbricidi e del terreno degli sbancamenti e fu abbandonata al degrado ed all’incuria da parte delle Istituzioni e dei cittadini.
Diventata un discarica a cielo aperto, l’area divenne per anni ‘terra di nessuno’, senza alcun rispetto delle regole di tutela del territorio. Anno dopo anno furono riversati su questa area centinaia di migliaia di metri cubi di nuovo materiale fino alla realizzazione di un altura di circa venti metri, estesa per diversi ettari, visibile da quasi tutta la città, chiamata con il termine tecnico di “mammellone”.
E l’area divenne simbolo del degrado della costa palermitana.
L’area abbandonata fu preda del degrado ambientale: il mare erose lentamente la collinetta artificiale portando grandi quantità di terra sui fondali della costa, inquinandola e distruggendo o compromettendo molte forme di vita.
Finalmente dopo tanti anni di progetti di risanamento, seguiti puntualmente da un nulla di fatto, nel 2005 fu deciso per l’anno successivo l’inizio dei lavori urgenti per mettere in sicurezza l’area.
Il progetto di ingegneria ha messo in atto tutti gli interventi utili per fermare l’erosione della costa congiuntamente a un progetto di architettura del paesaggio che ha portato alla realizzazione di un teatro all’aperto, sentieri e sistemazione a verde con centinaia di alberi e piante. I lavori furono conclusi nel 2008 e collaudati nel 2009.
Purtroppo, contrariamente ad ogni logica, al collaudo delle opere, non è seguita la pubblica fruibilità dell’area.
Dal 2009 l’area fu nuovamente abbandonata, in un rimpallo di responsabilità tra Comune e Regione e una farraginosa serie di verifiche dello stato del terreno che ha portato via 7 lunghi anni.
Durante questi anni i 400 alberi piantati, decine di palme nane e centinaia di arbusti sono stati lasciati senza cura, tanto che nell’area oggi si contano solo poche decine di esemplari sopravvissuti. Lo stesso è successo alle realizzazioni tecniche: l’impianto idrico, la rete di irrigazione e i pluviali per lo smaltimento delle acque hanno subito atti di vandalismo e saccheggio risultando inutilizzabili.
E l’area risanata è tornata ad essere utilizzata come discarica abusiva.